Maratea - Acquafredda: abit. 5150

 

Volentieri coloro che la visitano condividono la denominazione “Perla del Tirreno” che la bella cittadina lucana ha meritato fino ad oggi. La rendono meta turistica di primo livello un mare limpido con tonalità di colori presi da una tavolozza prodigiosa, coste e paesaggi disegnati da artisti geniali, chiese e monumenti costruiti da mani ispirate da sensibilità erudite, atmosfere magiche racchiuse nelle sue decine di grotte marine e terrestri, custodi di resti e reperti preistorici, le calette e le scogliere pittoresche, gli animati vicoletti del centro storico, le prelibatezze dei bar e i colorati prodotti delle botteghe tradizionali, le pregevoli iniziative ludiche e culturali che organizza specie in estate.

Le colorazioni del mare con le tinte dei costoni superbi che in esso si specchiano creano contrasti  che non è dato cogliere altrove. Il territorio è composto soprattutto da montagne e colline e il mare sembra aver fatto fatica ad addentrarsi nelle sue parti più cedevoli per costruire insenature suggestiv, orlate da una vegetazione sempre verde.

Coloro che vi giungono, elevano lo sguardo verso la statua del Cristo Redentore alta circa 22 m sul monte S.Biagio e non possono trattenere la meraviglia, perché gli occhi e la mente ricevono impulsi irresistibili e il distacco della partenza porta con sé dolenti note, miste al proposito di tornare.

Cesare Pavese ne cantò la bellezza: “ É un paese meraviglioso… è magnifico. Non c’è altro paese che io conosca come questo…I colori, l’aria di questa terra, il paesaggio così combinato. I colori soprattutto sono colori primordiali”

Il nome vede più di una tesi. Forse è di origine greca: marathus che significa “finocchio selvatico”; oppure dalla parola greca thèa unita alla parola latina maris a indicare “dea del mare”.

Già nel 1550 a.C. esisteva in loco un villaggio di capanne che molto più tardi vide l’arrivo dei Greci per poi far parte dell’Enotria a partire dal VI sec. a.C.

Vi furono i Romani tra il III e il II sec. e vi costruirono ville ed edifici, di cui restano alcune tracce. Sulla costa ricavarono strutture per i loro commerci.

Passato il dominio romano, sicuramente la popolazione subì gli assalti da parte dei Saraceni, per cui si rifugiò sulle falde del monte S. Biagio, dove costruì opere di difesa sicura, utilizzando l’orografia della montagna. Si chiamò Marathìa e venerò le reliquie di S.Biagio di Sebaste a partire dal 1079, quando era appena passata sotto i Normanni. Fu interessata dalla guerra dei Vespri e più volte attaccata.

Nel ‘400 mantenne la piena autonomia, senza conoscere il potere feudale delle famiglie nobiliari, godendo anche di privilegi elargiti dal re Ladislao I, da Giovanna II d’Angiò, da Ferdinando I d’Aragona, da Federico I. Nel XVI sec. invece il re Ferdinando III decise di trasformare il paese in feudo, vendendolo alla famiglia Carafa per 10.000 ducati. Avendo questo versato solo 3.000 ducati, la vendita fu annullata con gli abitanti di Maratea che recuperarono il feudo, versando 6,000 ducati e con essi conquistarono l’autonomia.

Intanto continuarono nel XVI sec. gli assalti dei Saraceni e il vicerè Pietro da Toledo mandò a Maratea i suoi ingegneri, per costruirvi 6 poderose torri per la difesa del luogo.

Il ‘700 fu epoca di grande sviluppo economico dovuto al suo porto, sede di commerci e scambi e anche la vita degli abitanti conobbe talune acquisizioni, come la fondazione dell’ospedale. Vi si produceva lana, cotone e lino ad opera di valenti artigiani dediti anche alla lavorazione del rame.

Ma alla fine del secolo Maratea fu coinvolta dalle vicende della Repubblica napoletana, subendone divisioni tra la popolazione e lutti.

Dopo la seconda guerra mondiale ha decisamente scelto le attivita turistiche, per promuovere il proprio sviluppo sociale ed economico.

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